Big data e smart mobility: come usare i dati per gestire e prevedere il traffico

Posted by Dario Favaretto

L’analisi dei dati è un processo di esplorazione, trasformazione e modellazione di dati con il fine di evidenziare informazioni che suggeriscano conclusioni e supportino le decisioni strategiche.

Nel settore dei trasporti e della mobilità, l’analisi dei dati si è inizialmente focalizzata sullo scenario macroeconomico, considerato lo strumento migliore per studiare e prevedere le dinamiche del trasporto delle merci e delle persone.

In ambito cittadino, invece, dove le variabili macroeconomiche hanno un impatto inferiore sulla dinamica dei trasporti, lo studio dei piani urbani di mobilità è stato affrontato principalmente con metodi tradizionali partendo dai dati ottenuti attraverso interviste.

Nell’ultimo decennio però anche il mondo della mobilità ha subito profondi mutamenti a seguito della disruption connessa con l’innovazione tecnologica nell’ultimo decennio. Parallelamente all’emergere delle nuove metodologie per lo studio dei dati sono andate gradualmente affermandosi anche nuove modalità di spostamento.

Oggi non è più necessario procedere ad interviste telefoniche per conoscere le abitudini di spostamento e non bisogna più contare fisicamente le autovetture su un determinato tratto di strada, perché sono gli stessi veicoli a comunicare i propri dati e, spesso, anche quelli di chi li guida, attraverso le scatole nere e i telefoni cellulari di guidatori e passeggeri.

Grazie alla tecnologia, è cambiato anche il modo in cui si usano i trasporti, pensiamo al diffondersi del car sharing o all’uso della moneta elettronica per il pagamento dei servizi legati alla mobilità.

Questa situazione ha portato ad un tentativo di superare i tradizionali approcci interpretativi del mondo dei trasporti, sperimentando nuovi modelli di analisi dei fenomeni della mobilità e della logistica.

A fronte di mutamenti così radicali, le persone incaricate di ottimizzare il trasporto, sia pubblico che privato, hanno dovuto approcciare lo studio dei flussi, di mezzi e di persone, in modo diverso per la misurazione dei dati.

Le interviste telefoniche, complesse e costose, non sono considerate più né esaustive, né attendibili, anche perché sono oramai disponibili dati in quantità prima non immaginabile (Big Data).

I Big Data sono così diventati la chiave per analizzare la mobilità, anche se per le loro caratteristiche è subito emersa la difficoltà nel raccoglierli, analizzarli, gestirli e, soprattutto, aggregarli.

 

I dati per l’analisi del traffico: frammentati e poco omogenei

La mobilità urbana è gestita da una molteplicità di soggetti pubblici e privati che, fra le altre cose, dovrebbero garantire l’interoperabilità per permettere al cittadino di usufruire di un sistema di trasporto inter-connesso.

I servizi di autobus, metro, taxi, car sharing, bike sharing, parcheggi e “micromobilità” (es monopattini elettrici) costituiscono la rete del trasporto urbano e dovrebbero essere accessibili nel modo più semplice possibile per chi viaggia.

Nella realtà, molto spesso, dietro ad ognuno di questi servizi di mobilità vi è una piattaforma tecnologica che gestisce i dati dei propri clienti e difficilmente dialoga con gli altri soggetti, per lo più identificati come potenzialmente concorrenti.

L’esempio migliore di questa situazione si riscontra nel car-sharing dove ogni brand ha un’applicazione proprietaria che permette l’accesso esclusivamente al proprio servizio e non è disponibile a condividere i dati con altri soggetti. Il mercato però richiederebbe, e la tecnologia lo permetterebbe, la presenza di soggetti “aggregatori” capaci di superare i limiti delle singole piattaforme, offrendo servizi di pagamento e di informazione omogenei e unificati, garantendo la ‘neutralità rispetto ai servizi offerti.

Questi soggetti, gestendo i big data generati dalle singole piattaforme, potrebbero creare una visione unificata degli spostamenti delle persone e dell’utilizzo che si fa dei diversi servizi di trasporto, fornendo un servizio utile e più efficiente sia ai cittadini consumatori, sia alle Pubbliche Amministrazioni che devono gestire la mobilità cittadina.

 

Dati per analisi del traffico: i metodi per gestire la complessità

Da alcuni anni si guarda anche ai dati degli operatori di telefonia mobile per analizzare e comprendere determinate dinamiche di spostamento delle persone. Idealmente, l’osservazione dei dati generati dagli smartphone dovrebbe fornire una buona approssimazione dello spostamento delle persone. Se da una parte questa metodologia non restituisce una visione puntuale dei movimenti, dall’altra l’operatore telefonico è in grado, per esempio, di individuare i flussi turistici: prendendo in esame la SIM di origine del cellulare, può riuscire a sapere la provenienza delle persone.

Altre fonti di dati, come si è detto, sono quelli dei singoli gestori del servizio di car sharing: l’operatore, per esempio, conosce tutti gli spostamenti dei propri veicoli all’interno dell’area urbana, sa dove sono diretti, dove sostano ed i tempi.

Fonte di dati sono anche le applicazioni con le quali si pianificano i percorsi. Hanno normalmente una visione più precisa di quella dell’operatore telefonico, perché sono in grado di identificare, attraverso il GPS del telefono, il singolo spostamento, spesso anche ad App chiusa. Tant’è che oggi App come Google o Waze hanno iniziato a studiare l’utilizzo dell’applicazione in movimento sul trasporto pubblico, in modo da riuscire a capire se il bus è in ritardo, a che punto del tragitto si trova, quando arriverà alla fermata.

Altro strumento prezioso, anzi il migliore, per comprendere come ci si muove in una città, sono i dati delle scatole assicurative. La scatola nera è un sensore in grado di segnalare, non solo gli spostamenti, ma anche se ci sono buche o strade sconnesse, se esistono problemi sul manto stradale, oppure se una via è pericolosa in base al numero di incidenti avvenuti in quel tratto.

In realtà la scatola nera è solo l’inizio del processo di evoluzione tecnologica del veicolo, che sta diventando esso stesso un sensore. Le case automobilistiche stanno connettendo i componenti dell’auto tra loro e tra questi e altri componenti e sistemi, tramite le tecnologie rese disponibili dall’Internet of Things. Mettendo insieme le funzionalità dei computer sulle auto con i progressi nelle reti wireless e con la gestione dei dati, il veicolo può diventare il sensore real-time più avanzato che esista al momento. Di conseguenza la connettività consente al veicolo di “vedere” e “trasmettere” ciò che succede su strada e di monitorare elementi come il tempo atmosferico, il livello di inquinamento, le condizioni del manto autostradale, la distanza dagli altri veicoli e molte altre indicazioni utili anche al conducente stesso.

Grazie all’Internet of Things ogni oggetto diventa fonte di dati che, una volta aggregati e messi in relazione con processi di Big Data, possono essere erogati come un servizio.

Possono per esempio offrirci una visione “storica” (cosa è successo in un determinato weekend) o in tempo reale, grazie al gemello digitale, ovvero il modello digitale di una strada, di una città, di un aeroporto.

Così senza neppure uscire di casa, ognuno di noi può sapere se c’è traffico, se il bus è pieno, se c’è disponibilità di mezzi in sharing e quale può essere il mezzo di trasporto più rapido o economico per raggiungere una meta. Si passa dall’analisi dei dati allo sfruttamento delle loro potenzialità predittive.

 

Usare i dati per prevedere e prevenire

Conoscere un fenomeno consente di prevedere cosa succederà. Il passo successivo è poter prevenire e gestire le criticità. Se si prevede che in un determinato momento e in un determinato luogo ci sarà un forte afflusso di persone, i responsabili si attrezzeranno per gestirlo, oppure si può stabilire di effettuare dei lavori di manutenzione solo quando si ha la ragionevole certezza che non avranno un impatto significativo sui flussi stradali. In tal modo è possibile offrire un servizio migliore e meno problematico per le persone.

 

Usare i dati per scoprire

L’analisi dei dati reca in sé anche una fase che potremmo definire di scoperta. In certi casi si lavora per induzione: si raccolgono grandi quantità di dati per determinati scopi, ma dalla loro lettura emergono nuove possibilità e opportunità che non erano state pensate né previste inizialmente e possono dar luogo ad ulteriori raccolte ed analisi di dati per una comprensione sempre più approfondita dei fenomeni.

 

Analisi dei dati: chi la fa in Italia e cosa si può fare di più

In Italia, Milano è una realtà all’avanguardia nell’analisi dei dati di mobilità e nell’uso che ne viene fatto per una pianificazione anche di lungo periodo. Al di là dell’introduzione dell’area B, che è stato certamente un passo avanti importante, la città è considerata da anni la più “smart” d’Italia.

La Regione Lazio, attraverso le Agenzie della Mobilità, sta lanciando gare per l’acquisto di dati utili per l’analisi dei flussi e la gestione delle infrastrutture e anche ANAS sta lavorando in questo senso.

Esistono realtà come il Comune di Caserta che ha iniziato a installare nei parcheggi su strada piccoli sensori IoT per informare i cittadini della disponibilità di posti liberi.

In ambito governativo il ministero di Trasporti sta monitorando le tecnologie per capire come pianificare al meglio la mobilità del Paese. Manca tuttavia una visione comune sia a livello locale sia nazionale, e una categorizzazione condivisa dei dati e delle tecnologie.

Non basta, infatti, la larga disponibilità di dati sulla mobilità, occorre capirne la “freschezza” e l’affidabilità, se possono essere impiegati unicamente come dati “storici” o possono essere utili per la gestione in real time.

I Big Data e tutte le tecnologie di raccolta e analisi connesse, offrono grandi occasioni per offrire servizi nuovi e migliori nell’ambito della mobilità. Sta agli operatori e alla Pubblica Amministrazione riuscire a coglierle queste opportunità per rendere più semplice e moderna la mobilità di tutti.

fonte: EconomyUp

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