L’importanza della formazione in logistica

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Formare: “Plasmare, sagomare, modellare q. c. per farle assumere la forma voluta”. Da questa definizione, tratta dal dizionario della lingua italiana Zingarelli, è possibile iniziare le riflessioni sulla formazione logistica.
Oggi il tema “formazione”, nel suo insieme, è molto attuale ed è anche oggetto di una sovraesposizione mediatica connessa alla profonda crisi economica che caratterizza l’Europa e l’Italia in particolare, attraverso la formazione, la ricerca e l’innovazione sembrano risolvibili problemi di grande spessore. Non crediamo che ciò sia del tutto esatto, ma neppure vogliamo sottrarre all’attività formativa l’importante ruolo che riveste in ogni ambito, in modo particolare nella logistica. Questo aspetto peculiare deriva dalla complessità e dalla forte integrazione fra i numerosi processi logistici interni ed esterni all’azienda, caratterizzanti questa disciplina.
Avere competenza logistica significa disporre di sapienze intersettoriali (organizzative, tecniche, tecnologiche, economiche) che difficilmente possono localizzarsi in un unico soggetto fisico. È più credibile, per l’estensione e la poliedricità di questi problemi, che occorra avvalersi di più soggetti professionali che lavorano in team, completandosi e integrando le loro conoscenze: questo va considerato uno dei primi insegnamenti della formazione logistica.
C’è poi una domanda da porsi, che nasce da quanto precedentemente enunciato: quali competenze professionali e quali skill deve possedere il “formatore”? Al di là dell'indispensabile conoscenza disciplinare, è auspicabile che il docente sia anche un consulente e o un progettista in  logistica.
Solo così, a mio avviso, può garantire una continua aderenza alle problematiche di una disciplina in rapida e costante evoluzione, nonché una consuetudine al problem solving, sia sul piano strategico sia su quello tattico e operativo. Questo aspetto è alquanto importante quando c’è necessità di interagire con corsisti collocati in posizioni aziendali anche fortemente differenziate per mansioni e responsabilità. Obbligatoria è poi la dote empatica, la colloquialità e la capacità di orientare al dialogo. Nello svolgere attività di formazione logistica si assolvono vari compiti. In ordine non rigorosamente di importanza:
-Il docente preparato offre ai corsiti la possibilità di attualizzare la loro preparazione teorica sui temi oggetto dell’attività formativa, illustrando casi, tecniche e contenuti ad essi poco noti ed assolvendo quindi, prima di ogni cosa, all’importante compito di informare. L’informazione, la non attualità della conoscenza, è il primo vuoto da colmare da parte di un buon formatore.
-Nel condurre ed illustrare gli argomenti uno degli aspetti formativi di maggior peso consiste nell’essere propositivi sugli aspetti metodologici; questo è certamente un compito più “alto” rispetto alla semplice, seppur indispensabile, trasmissione di conoscenza. In un’aula, per quanto assortita e ricca di spunti, considerando la risorsa tempo a disposizione, (normalmente alquanto limitata) è un atto di presunzione  pensare di insegnare e trasferire know-how, mettendo i corsisti, in tempi brevi, nella condizione di operare in autonomia. Più aderente alla realtà di un’aula sembra invece essere il “seminare dubbi” ed evidenziare la complessità, affinché l’allievo diventi consapevole dell’organicità necessaria per analizzare i temi della logistica.
-Argomentare e discutere in aula ha il vantaggio di creare gruppo, di sollecitare domande, di consentire l’incrocio delle differenziate competenze e conoscenze degli astanti e di permettere di individuare una strada non individuale, ma di team, per guardare gli argomenti sul campo.
-Quando l’argomento della formazione è l’analisi funzionale/organizzativa di un nuovo impianto messo in esercizio, allora scattano e si mettono in evidenza ulteriori meccanismi. Nella testa del progettista/formatore la chiarezza sul come deve funzionare il sistema logistico è ovvia: ne è l’artefice……! Il corsista, nel confronto col docente, acquisisce quindi delle precise conoscenze che lo indirizzano sul “come” fare, per ottenere le migliori prestazioni dell’impianto. Tra i due passano dei contenuti che si esplicano su oggetti precisi, tecnici e organizzativi. Il confronto diventa spesso serrato: da una parte c’è chi ha pensato e tradotto in progetto, creando dei nuovi contenuti che deve migrare all’altro per svolgere bene i suoi compiti e, dall’altra, c’è l’utente del sistema logistico; in questo caso la formazione può diventare a doppio senso. Anche il docente, nel confronto, impara… Ma in questa operazione si manifesta nuovamente l’importanza del metodo con cui si conduce il confronto: è dal buon approccio di metodo che maturano le cose migliori ed è questo il senso più importante dell’attività formativa.
-Esiste poi anche una formazione on the job; è la formula più remunerativa per il corsista che deve formarsi, ma può essere praticata solo quando l’attività progettuale del formatore si è espressa fino alla realizzazione e messa in esercizio di quanto è stato pensato. In questa prassi formativa si sintetizzano le conoscenze bidirezionali fra formatore e soggetto da formare: esiste l’oggetto realizzato su cui condurre le sperimentazioni dirette di chi lo ha pensato e di chi lo dovrà gestire. È la forma più avanzata di formazione logistica, che si tradurrà, dopo un certo arco temporale, nel superamento dei ruoli fra formatore e formato; quando “plasmare, sagomare, modellare q. c. per farle assumere la forma voluta” non è più necessario, allora il soggetto formato può procedere in totale autonomia e il formatore avrà un ruolo marginale, più orientato a misurare i risultati del suo lavoro che non a intervenire direttamente su questo.

Fonte: LogisticaEfficiente

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