Se la tua azienda fosse una squadra, sarebbe in serie A?

Posted by admin

Dalla panchina alla cattedra. Gian Paolo Montali, ex allenatore del volley azzurro e oggi consulente, interverrà il 19 Maggio all'Hr&Talent Forum del Sole 24 Ore. E ci spiega perché il metodo sportivo può essere importato nelle società.
I talenti si coltivano. A bordo campo e in azienda. Lo sa bene Gian Paolo Montali, oggi manager e consulente dopo una carriera che gli ha fatto vestire i panni di coach della nazionale azzurra di volley e dirigente calcistico per Juventus e Roma. Secondo Montali, la metafora sport-azienda inizia dall'abc per una società in crescita: dare credito ai talenti, integrarli in un team che li recepisce. Altro che “solisti”: «Il vero vantaggio competitivo è fare in modo che la risorsa umana abbia modo di fare squadra, di entrare nel vivo del lavoro del team. Un talento che funziona in sé ma non funziona in squadra, rischia di perdere peso» dice Montali.
Il principio vale anche alla rovescia: i candidati meno inclini alla collaborazione perdono terreno, quelli più aperti guadagnano spazio. Un'indagine del campus di Torino dell'Espc, la business school dislocata su altre quattro sedi europee (Parigi, Londra, Madrid, Berlino), ha evidenziato che proprio il “teamworking” sarà la skill più richiesta dalla maggioranza (39%) dalle aziende a caccia di giovani. Senza dimenticare un dettaglio non proprio secondario, la produttività: in Danimarca e Svezia, dove il teamworking rientra in un sistema di flessibilità e ottimizzazione del lavoro, ogni ora “rende” – stime Ocse – l'equivalente di 55,5 euro e 51 euro. In Italia meno di 45.
«Le persone sembrano terrorizzate dal cambiamento. Ma le persone non devono aver paura di cambiare, devono aver paura di restare uguali». Montali incalza così le ostilità al cambiamento di alcune aziende, più ancorate ai vecchi equilibri che al potenziale di crescita. Nel caso dell'Italia, il cambio d'ordine che “terrorizza” può essere quello tra generazioni o nello sviluppo innovativo. Da un lato c'è un tasso record di disoccupazione giovanile, 43,1% a marzo 2015, che già testimonia il turnover bloccato nel mercato del lavoro interno. Dall'altro c'è un ritardo delle aziende sulle spinte dell'innovazione, a partire dall'abc delle infrastrutture digitali: secondo dati Doxa Digital, appena il 34% delle Pmi era provvista – nel 2013 – di un sito internet funzionante Montali ne sa qualcosa, di tecniche di allenamento. Come coach della pallavolo azzurra ha vinto due europei e un argento ai Giochi Olimpici di Atene, senza contare un paio di medaglie in World League (argento e bronzo), quattro scudetti italiani e una manciata di trofei europei per club. Quanto gli basta per spiegare il parallelo tra un “mister” e un dirigente efficace: entrambi non giocano ma fanno giocare, non creano il gioco ma gli atleti che lo padroneggiano.
«L'allenatore non gioca: il suo ruolo è quello di creare allenatori che diventino allenatori di sé stessi. Allenandoli, istruendoli, preparandoli a quello che devono portare in campo». Un'analisi a cura dell'agenzia di lavoro online Monster ha redatto un decalogo di 10 caratteristiche che dovrebbero indirizzare un “boss” empatico: dalla capacità inclusiva all'apertura progettuale, il dirigente dovrebbe mantenersi in un rapporto di mezzo che non sia né impersonale né invasivo delle competenze dei dipendenti. «Spesso un capo potrebbe essere tentato da scendere in campo e partecipare a sua volta, mentre i suoi dipendenti non imparano niente» obietta Monster. La conseguenza diretta di far giocare? Far nascere attitudini, meglio se valorizzate da un itinerario di crescita interna. Non proprio quello che succede in Italia, a giudicare dalla capacità di trattenere under 30 nelle nostre aziende: l'ultimo Global Challenge Talent Index ha classificato la Penisola in 23esima posizione su 60 con un punteggio di 48,1, risultato che non ci affida alla retrovie del ranking ma segna comunque uno scarto di almeno 10 punti con Danimarca (65,4), Finlandia (64,2), Svezia (63,4) e Norvegia (62,3).
Questo articolo, che sottolinea il parallelismo sport- management, mi permette di fare una riflessione sul mio ruolo di consulente, formatore e mental coach. Molto spesso nel mio lavoro mi è capitato di usare delle metafore sportive in ambito formativo e delle metafore aziendali in campo sportivo. Questo mi ha portato ad elaborare la metodologia Sport & Business Coaching denominata Soccer Experience TM
, che mi permette di esprimere i concetti di team e di squadra con successo.

Fonte: Il Sole 24 Ore

Lascia un commento

VUOI ISCRIVERTI ALLA NOSTRA NEWSLETTER?
Registrati ora ed inizia a ricevere i nostri aggiornamenti mensili riguardanti Supply Chain, Logistica e Innovazione
Overlay Image
VUOI ISCRIVERTI ALLA NOSTRA NEWSLETTER?
Registrati ora ed inizia a ricevere i nostri aggiornamenti mensili riguardanti Supply Chain, Logistica e Innovazione
Overlay Image
× Posso aiutarti?