Soldi? No, tempo. Il vero lusso è avere spazi liberi

Posted by Dario Favaretto

Uno studio condotto dalla rivista «Science» dal titolo «Non lasciarmi solo con i miei pensieri» ha dimostrato che le persone preferiscono avere uno stimolo negativo piuttosto che non averne affatto. Davanti alla scelta tra non fare nulla o somministrarsi una scossa elettrica, i partecipanti all’esperimento si sono inflitti un piccolo elettroshock.
Così, giusto per non stare fermi. In questo scenario iperattivo, non stupisce che le nostre agende siano affollate di impegni, «save the date», cene di lavoro, meeting, corsi, team building. I dialoghi tra amici somigliano a un copione. «Come stai?». «Bene dai, sempre di corsa, ma bene».
Esperto, strategico, organizzato, motivato, problem solver: sono queste le «buzzword» che sono state più usate nel 2016 per descrivere le proprie capacità professionali nel social network LinkedIn.
Persone efficienti, mai ferme, impegnate in una corsa all’oro che non prevede fermate. Adesso però anche il più classico spot delle feste, quello di Martini, frena la gara.
«L’uomo più ricco del mondo nasce ogni secondo. Perché la ricchezza non si misura in soldi, ma in tempo», dice la voce fuori campo, mentre il protagonista ripone in una valigia, che butterà in fondo al mare, villa, Ferrari e yacht di cartapesta. Ogni minuto riconquistato ci premia con situazioni non banali: viaggi intorno al mondo, ottime conversazioni, notti ben condivise.
E il tempo acquista un valore talmente alto da diventare moneta di scambio. Il primo a credere sul tempo da regalare è stato l’imprenditore Richard Branson, che nel libro «The Virgin Way: Everything I Know About Leadership» ha teorizzato e messo in pratica le vacanze illimitate per i dipendenti. Un incentivo alla creatività e alla produttività, per avere più tempo per la famiglia e coltivare i propri interessi.

Il concetto «time is the new money» ha ispirato anche l’agenzia «Il mio supereroe», creata un anno fa da Gabriele Di Bella. «Negli Stati Uniti la on-demand economy stava decollando e da papà super impegnato sentivo l’urgenza di creare aiuto. La risposta è stata ottima anche in Italia, anche se rallentata da qualche diffidenza verso la piattaforma informatica e una fiducia resistente nel passaparola».
La società è partita con colf, badanti e babysitter: l’intuizione è stata fornire in meno di 50 minuti servizi per la persona e per la casa. Osteopata, personal trainer, ma anche il tuttofare esperto in montaggio dei mobili: un’alternativa di 22 euro ai pomeriggi spesi ad assemblare la libreria dell’Ikea. Alcune tariffe sono il simbolo del tempo come «lusso»: una babysitter costa 14,50 euro all’ora, «ma acquistando un carnet si risparmia il 40 %». Il servizio che regala più tempo è il baby-sitting. «Chi lo dona, permette a una coppia di uscire a cena».

Tutto viaggia online: le gift card arrivano via email. Regalare tempo è innovativo, ma anche provocatorio. Elena Croci, autrice del libro «Affari di Tempo. Comunicazione culturale per una nuova ricetta di felicità» (Lupetti), è pronta a scommettere sulla paura del tempo libero. «Se ne parla tanto, ma lo spazio vuoto ci spaventa – osserva Croci-. Se ci tolgono dalla comfort-zone delle connessioni, dove atterriamo?».
Il rischio è pari a quello di regalare un gatto a chi è allergico. «Eppure è un’idea “challenging”, in grado di produrre risultati inattesi», dice la scrittrice. La condizione è regalare un tempo senza il ripieno: senza cioè aggiungere altri impegni ad agende già bulimiche. «Io per esempio regalerei una passeggiata al parco. Nel mio libro ho identificato la natura e la cultura come generatori di tempo personale: camminare in un bosco attiva i cinque sensi e la cultura ci fa da sponda in quei momenti vuoti che ci paiono abissi.
Non è un caso che le sale d’attesa sono gli spazi di maggiore insofferenza».

La riflessione in coda è quella di donare tempo anche ai figli, «carichi di impegni a tre anni»: ha fatto il giro delle rete l’idea della mamma che ha deciso di regalare al figlio ore da passare insieme. Un blocchetto con buoni staccabili come «un giro in bicicletta insieme» o «richiesta della tua cena preferita». Francesca Spagnoli è stata preveggente: 16 anni fa ha creato con quattro amici «Noitutto». L’intuizione è nata da un disagio personale. «Avevamo troppe cose da fare, non c’era tempo per pagare una bolletta o per l’allacciamento a Sky». L’idea è stata di sostituirsi a una «personal assistant»: i primi iscritti sono stati quelli che prima di andare in pensione avevano una segretaria. L’agenzia è diventata come il tasto 9 dell’hotel, anche se il confine tra urgenza e capriccio a volte è indefinito: tra le richieste c’è stata anche quella di riordinare 5000 foto, spedire dei fagiani vivi a Venezia o riunire le urne cinerarie di famiglia sparse in Italia.

Vita, magazine dedicato al racconto sociale e alla sostenibilità, ha dedicato la copertina di dicembre alla sharing-economy: il 2016 secondo la rivista è stato l’anno dell’economia condivisa. Ma il futuro pare nelle mani della gig economy, dove «gig» sta per «lavoretto». Nel mondo dello spettacolo «gig» è il cachet e il precario 4.0 è chiamato gig-worker: uno dei simboli è Uber, e l’uberizzazione, il modello introdotto dal servizio taxi, ora attacca la ristorazione. A Natale, con UberEATS, gli invitati che si ritrovano per la cena del 24 senza un regalo da portare potranno risparmiarsi la brutta figura. Con un clic.

fonte: Michela Proietti – Corriere della Sera

Lascia un commento

VUOI ISCRIVERTI ALLA NOSTRA NEWSLETTER?
Registrati ora ed inizia a ricevere i nostri aggiornamenti mensili riguardanti Supply Chain, Logistica e Innovazione
Overlay Image
VUOI ISCRIVERTI ALLA NOSTRA NEWSLETTER?
Registrati ora ed inizia a ricevere i nostri aggiornamenti mensili riguardanti Supply Chain, Logistica e Innovazione
Overlay Image
× Posso aiutarti?