Super multa dell’Antitrust per 19 spedizionieri

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L’Autorità per la Concorrenza ha terminato l’indagine sul cartello nelle attività di spedizione con una multa di 76 milioni di euro, divisa tra diciannove operatori italiani ed esteri. Colpita anche l’associazione di categoria Fedespedi. I fatti incriminati si sono svolti tra la primavera del 2002 e l’autunno del 2007.

L’indagine dell’Antitrust ha coinvolto 22 spedizionieri, ma tre non hanno subito sanzioni: Alpi Padana e Spedipra perché sono risultati prescritti i poteri sanzionatori dell’Autorità, mentre la tedesca DB Schenker ha beneficiato della non imposizione della sanzione perché ha presentato domanda di clemenza, contribuendo all’individuazione del cartello. Le altre 19 imprese e l’associazione Fedespedi dovranno invece pagare multe salate. Nella determinazione delle sanzioni, l’Autorità ha tenuto conto dell’andamento dei bilanci, del grado di partecipazione al cartello e della collaborazione tenuta nel corso dell’istruttoria. Nel caso di Fedespedi si è considerata l’aggravante della reiterazione dell’illecito, perché condotte assimilabili a quelle contestate nell’istruttoria erano già state oggetto di un procedimento conclusosi nel marzo del 1993.

Saima dovrà pagare la multa più pesante: 23.632.950 euro. Le altre sanzioni sopra i dieci milioni di euro sono state comminate a Italsempione (12.480.000 euro) e Geodis Wilson (12.087.364 euro). Sopra il milione di euro ci sono Albini & Pitigliani (8.477.792 euro), Dhl Express (6.642.510 euro), Sittam (3.215.742 euro) e Gefco (3.159.440 euro). Le altre imprese multate sono, in ordine decrescente di sanzione: Brigl (942.900 euro), ITK Zardini (793.840 euro), Vidale (347.200 euro), Italmondo (324.465 euro), I-Dika (239.470 euro), Dhl Global Forwarding (198.701 euro), Villanova (159.973 euro), Cargo Nord (152.915 euro), Agility (139.790 euro), ITX Cargo (127.260 euro), Francesco Parisi (24.955 euro). L’associazione Fedespedi dovrà pagare una multa di 103.207 euro, a causa del “suo ruolo attivo” nella vicenda.

Secondo la sentenza dell’Autorità, le imprese e l’associazione hanno concordato continui aumenti di prezzi attraverso una ventina di riunioni, scambi di email e “un’intensa attività di comunicazione alla categoria e all’esterno”. Durante gli incontri, i rappresentanti delle imprese si scambiavano informazioni sui costi – come per esempio quelli sull’aumento del presso dei carburanti e dei pedaggi autostradali o sulla struttura dei costi – e “concordavano entità e modalità d’incremento dei prezzi”. L’inchiesta sostiene che dopo avere adottato tali decisioni, “venivano inviate dalla Fedespedi circolari alle imprese ed alle associazioni aderenti e si effettuavano comunicati stampa per agevolare la richiesta d’incremento dei prezzi alle controparti contrattuali. In questo modo anche le imprese che non partecipavano alle riunioni organizzate in ambito associativo, potevano continuare a comportarsi coerentemente con le modalità d’azione concertate”, spiga una nota dell’Antitrust. I documenti mostrano che l’incremento dei prezzi ha sfiorato il 50% tra marzo 2022 e dicembre 2006.

Secondo l’Autorità, questa l’intesa ha “completamente alterato la dinamica competitiva”. La nota spiega che “Le imprese, nel richiedere gli aumenti, partivano da una base di trattativa comune e potevano contare sulla ragionevole sicurezza che i concorrenti non avrebbero intrapreso una guerra di prezzo, ma, al contrario, avrebbero anch’essi adottato aumenti. Allo stesso modo, sapevano di confrontarsi con controparti che – avvertite degli aumenti in corso dai comunicati stampa – erano a conoscenza di una generale tendenza al rialzo dei prezzi e, pertanto, risultavano meno agguerrite nel rifiutare gli aumenti, essendo consapevoli che l’eventuale minaccia di rivolgersi ad un altro fornitore dei servizi di spedizioni internazionali, non sarebbe stata particolarmente efficace”.

L’Antitrust precisa anche che nell’arco del periodo analizzato dall’istruttoria, tutti i principali operatori del settore hanno preso parte con continuità alla concertazione, fin dal 2002: “Alcune imprese, oltre ad aver partecipato all’intesa per un periodo più lungo delle altre, si sono rivelate particolarmente attive nel garantire la stabilità del cartello: si tratta di Agility, Albini, Brigl, Dhl, Italsempione, Saima, Schenker e Vidale che hanno costituito il nocciolo duro del cartello”. L’Istruttoria comprende anche alcuni “pentiti”: secondo quanto dichiara la stessa Autorità, Schenker prima e Agility e Dhl poi hanno consentito, con le loro dichiarazioni, l’intervento dell’Autorità. Schenker ha fornito la maggiore collaborazione, che le ha consentito l’immunità, consentendo la scoperta del cartello e di “mirare” gli accertamenti ispettivi. Ad Agility e Dhl, che hanno confermato e rafforzato il quadro probatorio fornito da Schenker, l’Autorità ha riconosciuto la riduzione della sanzione, nella misura rispettivamente del 50% e del 49%. Per la collaborazione fornita, la riduzione della sanzione, nella misura del 10%, è stata decisa anche per la società Sittam.

“Il programma di clemenza avviato dall’Antitrust italiana dimostra che i cartelli anticoncorrenziali si possono sconfiggere. E’ un bene per la concorrenza ma anche per le aziende che decidono di collaborare”, ha dichiarato Antonio Catricalà, presidente dell’Autorità della Concorrenza e del Mercato. “I benefici alle imprese che denunciano le intese, portando all’Autorità prove concrete, stanno dando i loro frutti. Nel caso relativo agli spedizionieri, abbiamo accettato le quattro domande di clemenza presentate, tenendo ovviamente conto della tempistica e del loro valore probatorio. Complessivamente le aziende che hanno collaborato con l’Antitrust hanno risparmiato circa 40 milioni di euro in termini di mancata sanzione: da sola l’impresa che ha avuto l’esenzione totale avrebbe rischiato una multa di circa 31 milioni”.

© tratto da TrasportoEuropa

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